COME IL VENTO


TITOLO
Come il vento

REGIA
Marco Simon Puccioni

CAST
Filippo Timi, Valeria Golino, Francesco Scianna, Chiara Caselli

ANNO
2013

TRAMA
Un giorno di primavera del 1990. Un giorno come gli altri, fatto di gesti quotidiani, percorsi noti, volti conosciuti. Poi una notizia inaspettata e tragica che ti scaraventa in uno spazio ignoto, ma da dove puoi rivedere il tracciato della tua vita e tornare al momento in cui tutto è cominciato. Armida Miserere inizia la sua carriera nell’amministrazione penitenziaria a metà degli anni ottanta, da giovane donna con il cuore gonfio di ideali e la mente curiosa della criminologa. A Parma, dove è stata assunta come vicedirettore, trova un lavoro che le piace e incontra Umberto, un giovane educatore impegnato nei primi esperimenti di teatro in carcere. L’amore tra Umberto e Armida nasce nel piccolo teatro del carcere, dove Umberto dirige i primi spettacoli con i detenuti, e diventa presto una passione travolgente: per lei Umberto lascia la moglie e la figlia e progettano un futuro insieme. Passano sei anni, la carriera di Armida procede e partecipa alle esperienze di pene alternative, mentre l’amore con Umberto si fa più solido e finalmente riescono a trovare una casa dove convivere. Provano anche ad avere un bambino, ma dopo la morte del padre di Armida, la gravidanza si interrompe. Rimarginate le ferite continuano a guardare avanti con l’ottimismo degli idealisti. La posizione di educatore porta Umberto ad essere molto vicino ai detenuti e questo lo espone ai tentativi di corruzione di un pericoloso boss mafioso. Un giorno di primavera, inaspettatamente, poco prima della pasqua del 1990, Umberto viene ucciso mentre va al lavoro. Il mondo di Armida va a pezzi. I primi anni novanta sono stati segnati dagli spettacolari attacchi della mafia allo Stato italiano. Armida che è una servitrice dello Stato che non ha più nulla da perdere e si è fatta conoscere come un direttore tra i più fermi e corretti dell’amministrazione, viene mandata subito in prima linea a Pianosa, il supercarcere riaperto per custodire i mafiosi più pericolosi. Applica la legge senza deroghe e riceve critiche e intimidazioni, ma non si fa impaurire. E’ l’unica donna in un isola abitata da 1500 uomini e riesce a farsi rispettare instaurando un rapporto di cameratismo con i suoi uomini. Appena il lavoro le da tregua, cerca un po’ di solitudine per correre con i suoi cani nella natura incontaminata dell’isola. Non ha dimenticato Umberto, ma la solitudine pesa e ha fame d’amore, tra gli agenti in servizio sull’isola, trova Maurizio un addetto alla sua sicurezza. Illudendosi di poter cominciare una nuova vita affettiva si lascia andare ad una storia d’amore. Appena ricomincia sognare si accorge che Maurizio non è Umberto, e diversamente da lui non lascerà la famiglia per lei. In assenza di una vita di coppia il suo mondo affettivo si coagula intorno a Casacalenda (Molise), il paese della sua infanzia e gli amici di sempre: Luigi, Jole, il fratello e sua moglie, con loro trova spazi di serenità, lontano dai conflitti duri che ha in carcere. Il lavoro è la sua vita, lo fa senza compromessi e a volte se la vede brutta, come quando, dopo aver ripulito l’Ucciardone dal sistema di privilegi instaurato dai mafiosi e aver collaborato con Caselli alla cattura di Brusca, deve scappare perché, dopo ripetute minacce di morte, qualcuno le entra in casa di notte e le fa sparire i suoi amatissimi cani. Prima e dopo la morte di Umberto, c’è Riccardo Rauso, un magistrato amico che le è vicino nella ricerca della verità sulla morte di Umberto. Finalmente, durante un maxi processo alla ‘ndrangheta in Lombardia uno degli uomini del clan confessa di essere stato l’assassino di Umberto e racconta la circostanza e il movente. Tutto corrisponde a quanto Armida aveva sempre sospettato: Umberto è stato ucciso per non essersi lasciato corrompere da un boss. Gli uomini la deludono, non trova più un motivo per continuare a lottare. Nel momento stesso in cui finalmente conosce la verità ad Armida viene a mancare il motivo che dopo la morte di Umberto la teneva in vita. A Sulmona, nel supercarcere che dirige da qualche anno, nessuno si accorge del suo cambiamento. Armida, dopo averlo evocata nel suo diario, dopo averla corteggiata in più occasioni, progetta la sua morte con meticolosità. Si spara 13 anni dopo la morte del suo unico vero compagno, mentre Sulmona è tutta in piazza per la passione del venerdì santo. Un gesto estremo che lascia spiazzati tutti quelli che la amavano o la detestavano, un gesto che è insieme un sacrificio d’amore e una vendetta. Il 19 aprile 2003 Armida ha scelto di gettare il suo corpo contro chi, morto dentro, ha infranto i suoi sogni, dimostrando che solo chi è vivo può morire e come il vento continuare a vivere libero.